Shalabayeva: la democrazia non è un punto di vista. E l'Italia se ne lava le mani

Poche cose mi fanno tremare nel profondo.
Il caso Shalabayeva ha rotto definitivamente quel flebile legame che mi univa alla mia nazione.
Prendo atto dolorosamente che la democrazia costata sangue e lacrime alla parte alta del mio albero genealogico è terminata. In questo Paese non c'è proprio alcuna speranza.
Forse la rivoluzione cambierebbe qualcosa, ma siamo troppo sonnacchiosi per impegnarci i qualcosa di così coinvolgente. Meglio le ricette in tv.

Shalabayeva è la moglie di un noto oppositore politico al regime dittatoriale kazako. Per capirci: in Kazakistan gli scioperi vengono repressi permettendo alla polizia di sparare sui manifestanti. Pallottole vere.
Viene prima sequestrata lei, nella sua casa a Roma. E poi, con l'inganno, viene presa anche la figlia di soli sei anni.
L'espulsione è immediata: in soli tre giorni le due sono fuori. Sono fuori grazie ad un volo di stato messo a disposizione proprio dal dittatore Kazaco che, entusiasta, ringrazia ufficialmente l'Italia.

La democrazia non è un punto di vista. Sui diritti umani non si tratta, non si cede, non si negozia. 
Cosa accadrà a mamma e figlia appena spenti i riflettori?
Voglio vedere i funzionari che hanno reso possibile questa espulsione. Voglio vedere le facce degli agenti che hanno tratto la mamma e la figlia. Voglio capire come, noi italiani, abbiamo potuto commettere un crimine contro il più alto valore nazionale che ci attribuisce tutto il mondi: la mamma non si tocca.
Siamo arrivati a questo: abbiamo perso pure l'atavico legame e rispetto per la mamma.

Lo schifo viene poi celebrato dal Parlamento che vota contro una mozione di sfiducia contro il Ministro Alfano. "Serve compatezza, ragazzi, non facciamo scemenze: andare al voto sarebbe una follia", così ammonisce il Presidente della Repubblica Napolitano e così vota il PD. Tutti salvi. Non è successo niente. Tutto a posto.
Che schifo.
Poco meno che assassini.

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