Lettere ad un condannato

 



L’amicizia che lega Laura Bellotti a Jim e a William è iniziata 12 anni fa. 

Il primo a cui ha scritto è stato William dell’Alabama; era il 2012 e la corrispondenza era ancora spedita per via aerea. Occorrevano almeno 15 giorni per recapitare la lettera e poi altri 15 per ricevere la risposta. Dopo una lunga attesa senza notizie, Laura decise di chiedere un secondo nominativo pensando che William non fosse interessato a scriverle. E così è iniziata l’amicizia con Jim. “Era quasi Natale e anche se William non mi rispondeva ho deciso di inviare gli auguri anche a lui. E poi mi sono arrivate le risposte da entrambi”. 

Jim e William sono due amici di penna molto speciali. Sono detenuti nelle carceri dell’Alabama e della Florida e su di loro pende una condanna a morte.

L’iniziativa a cui ha aderito Laura è quella proposta dalla Comunità di Sant’Egidio e consiste nell’intrattenere una corrispondenza con un condannato a morte in uno degli ancora troppi Stati in cui esiste questa pena. Non ci sono giudizi, non ci sono accuse, c’è solo la persona e il rispetto per il bene più grande: la vita.

Che carattere hanno Jim e William?

Jim è più aperto, si vede che ha una buona istruzione; William invece è meno loquace. Li considero entrambi come fossero miei fratelli.

Cosa significa scrivere ad un condannato a morte?

Devi sapere che la maggior parte dei condannati viene completamente abbandonata dalla famiglia, dai parenti, dagli amici e dalla società. Salvo i pochissimi che hanno visite, queste persone trascorrono decine di anni senza contatti significativi con l’esterno. La corrispondenza è la loro unica finestra sul mondo. Quando qualcuno si interessa e mi chiede di essere coinvolto, dico sempre di pensarci cento volte prima di iniziare. Se inizi poi non ti puoi stancare, perché se interrompi la corrispondenza è come se fosse una seconda condanna. 

Hai scritto un libro che si intitola “La seconda lettera”, ti riferivi all’importanza di non smettere di scrivere?

In parte si, l’idea è venuta al mio editore che aveva notato la riposta di Jim “sapessi l’emozione che ho provato ricevendo la seconda lettera, perché negli anni molti mi hanno scritto ma poi non hanno risposto alla mia lettera. Se tu mi scrivi per la seconda volta significa che davvero ti interessa”.

La vostra corrispondenza è libera?

No, ci sono delle accortezze da seguire perché le nostre lettere vengono visionate prima di essere recapitate e talvolta rispedite indietro.

Le lettere vengono filtrate anche adesso che utilizziamo la posta elettronica o meglio la piattaforma di scambio che anonimizza la corrispondenza. La cosa fondamentale è non scrivere mai una serie di numeri, qualunque sia il modo in cui appaiono come ad esempio un elenco puntato, o l’indicazione del numero dei giorni. Il motivo è che ogni condannato a morte è individuato da una serie numerica ed è vietato informare i detenuti sulla loro condizione. Altra attenzione è di non inserire alcun link e neppure di scrivere il proprio indirizzo email. Altre volte è capitato di aver riportato delle notizie che sono state ritenute inopportune, anche se si tratta di notizie ampiamente dibattute dai media e di cui il detenuto viene comunque a conoscenza dalla televisione. Qualche volta quindi mi è stata rimandata indietro la lettera e l’importante è non lasciarsi abbattere da questi incidenti di percorso. 

Tenere una corrispondenza con un detenuto condannato a morte non potrebbe alimentare una speranza?

C’è una grande differenza tra chi sa di essere colpevole e chi invece sa di essere innocente. La speranza di chi è colpevole è quella di avere la condanna commutata in carcere a vita, mentre per chi sa di essere innocente la speranza è quella di trovare qualcuno che possa occuparsi del suo caso. Sapere che c’è qualcuno che lotta per qualcuno.

James Aren Duckett

Il Jim a cui scrive Laura è James Aren Duckett, un caso in cui si cui si è giunti ad una sentenza di morte nonostante le molte incongruenze. Jim, polizziotto, si è sempre dichiarato innocente.

Fin dalla prima Jim lettera mi ha dato tutti i riferimenti per verificare io stessa, e l’ho fatto ma non perché non gli credessi ma per capire come fosse possibile che fosse accaduto. Un innocente in attesa di morte?

Accade anche questo. Come nei casi di Gary Drinkard, innocente, per 6 anni nel braccio della morte in Alabama e di Herman Lindsey, innocente condannato in assenza di prove, per tre anni in attesa di esecuzione in Florida. Negli Stati Uniti è il Governatore dello Stato ad autorizzare l'esecuzione.

Pensi che questa corrispondenza possa incidere sulla decisione dei Governatori  di dare seguito alla pena stabilita dalla corte?

No. Purtroppo no. E temo molto per William perché è il più anziano del suo carcere.

Jim potrebbe sperare in una grazia?

La grazia esiste, sarebbe possibile, ma ci sono stati in cui ciò non avviene e tra questi c’è la Florida che è uno tra gli Stati più accaniti.

L’attuale Governatore della Florida, il repubblicano Ron De Santis, nel 2023 ha semplificato le modalità con le quali si giunge ad una condanna a morte prevedendo non più l'unanimità dei giudici ma la loro maggioranza: adesso è sufficiente il favore di otto giudici su dodici. La posizione del Governatore De Santis sull’esecuzione delle sentenze è implacabile.

L’unica possibilità che ha Jim – continua Laura-  è la riapertura del caso. La legge prevede che se emergono delle novità, come ad esempio dei nuovi testimoni, l’avvocato può chiedere delle udienze ma queste richieste vengono regolarmente rifiutate. Tuttavia fino a quando ci sono queste richieste, il Governatore non dovrebbe procedere. È per questo che Jim è in carcere da 36 anni: perché ha degli avvocati che si battono e non si arrendono. Queste richieste vengono fatte nella contea, poi a livello di Corte Suprema della Florida e poi alla Corte Suprema degli Stati Uniti. Se tutte vengono rifiutate allora si ricomincia da capo e la speranza è che in questo iter ci sia un giudice che accolga la riapertura del caso e allora emergerebbe un processo viziato. Però capisci che in uno stato come la Florida nessun giudice lo farebbe. 

Le giornate di Jim trascorrono scandite dal passaggio delle guardie nel corridoio sul quale affaccia la sua cella. Ogni trenta minuti, di giorno e di notte, le guardie compiono il loro dovere ma Jim sa che in uno qualsiasi di quei passaggi potrebbero prenderlo e condurlo all’esecuzione. 

Immagina cosa è vivere così. In questa vita così terribile pensa quanto sia importante avere qualcuno con cui parlare, sapere che c’è qualcuno che ti accetta per quello che sei. Una cosa che suggerisco a tutti coloro che iniziano una corrispondenza è di non cercare per cosa è stata condannata quella persona. Oggi su Internet si trova tutto, anche le trascrizioni delle deposizioni e dei processi, mi rendo conto che io stessa potrei avere involontariamente un condizionamento. Ci sono persone che hanno commesso cose terribili ed è umano avere una reazione negativa nei loro confronti. Nelle nostre lettere non ci sono giudizi o condanne morali. Ad esempio io non so cosa abbia fatto William e sono 12 anni che gli scrivo. Non lo so e non mi interessa.

Come si gestisce emotivamente questa sofferenza così forte? 

Mah, posso risponderti per la mia esperienza. Forse si attiva un meccanismo interno che ti permette di non focalizzarti solo sull’incombenza della pena, ma ti concentri sul fatto che stai parlando con una persona. Ci sono dei momenti più difficili, nei quali la realtà prende il sopravvento ma normalmente è diventato un dialogo con fratello, molto facile con Jim perché lui ha questa scrittura molto aperta, ricca di dettagli.

In qualche modo hai dato forma alle tue emozioni attraverso il libro che hai scritto. Come è nata l’idea di pubblicare la vostra storia?

Sono andata a trovare Jim e quando sono partita una cara amica mi ha consigliato di tenere un diario di quei giorni di visita perché ci sono le ore in cui vai a trovare il condannato, 6 ore per volta, ed è un tale mix di emozioni che si rischia di perderlo nel tempo. Ho trascorso con lui più di 100 ore.

Poi ho raccontato questa mia esperienza e attraverso amici di amici sono stata contatta da un editore. Non era nei miei progetti scrivere un libro, ma l’ho fatto per Jim. Non è solo un diario dei nostri incontri, ma cito molte fonti, dettagliate, al punto che l’editore mi ha chiesto se fossi pronta ad essere denunciata. E io ho risposto si. 

Ti hanno denunciato?

No, anche perché il libro non è stato pubblicato negli Stati Uniti. Sarebbe stato tropo pericolo per Jim, sono stati i suoi avvocati - con cui io non posso parlare- a farlo desistere perché lui avrebbe voluto.


Articolo di Marta Tersigni

Per chi volesse aderire all'iniziativa di Sant'Egidio: clicca qui

Foto di Ye Jinghan su Unsplash

Ringrazio Laura Bellotti per la gentile disponibilità e la mia cara amica Isabella per avermi fatto scoprire questa realtà.