Io sono Alz – la malattia è un serial killer




C’è uno psicopatico in scena, si muove con lo sguardo assassino e maneggia un bastone con la testa di anatra. Alz è un protagonista invisibile, invadente, meschino, suggerisce cose da fare e da dire alla sua vittima; architetta situazioni mortificanti e si fa gioco di tutti. Un misto tra Arancia meccanica e Funny games con la differenza che la vittima, in questo caso, è del tutto incosciente del proprio destino. Sanno invece come andrà a finire tutti coloro che le ruotano attorno e ciò provoca grande piacere nel protagonista, un vero godimento. 

C’è la vittima che continua la sua vita immersa in una realtà non reale per gli altri ma verissima per lei. Sembrerebbe felice, bloccata in un passato sereno di cui ripropone alcune situazioni piacevoli, se non fosse che ogni tanto è rapita dalle paure più profonde, non riconosce le persone e si agita perché si tenta di riportarla alla realtà. Ma che cosa è la realtà? È una perfida manipolazione di Alz.

C’è una donna distrutta dalla fatica che confida nella possibilità di potersi uccidere, se mai toccasse anche lei, e questo fa molto arrabbiare Alz perché gli verrebbe tolta la scena.

E c’è un personaggio dietro le quinte, l'unico che potrebbe porre fine al divertimento di Alz: è la ricerca scientifica che non ha ancora individuato soluzioni per la malattia di Alzheimer.

Debora Valentini ha scelto un argomento pesantissimo, che affronta una delle paure più grandi e cioè quella di perdere il controllo di sé stessi, e lo ha portato sul palco del Teatro dei Contrari di Roma rappresentando Alzheimer, il mostro, il bastardo, il maledetto morbo per quello che è: una demenza senile progressiva che distrugge le vite di chi ne è affetto e di chi accudisce. 

La regista si concentra su una delle poche varianti concesse dalla gestione della malattia e cioè sulla scelta di farsi carico dell'accudimento della persona demente senza ricorrere a strutture o aiuti esterni.  Una scelta che però condanna ad una routine che non genera miglioramenti e che rende uguali tutti i giorni. Si tratta, nella finzione narrativa, di uno stillicidio orchestrato da Alz per portare chi accudisce al momento topico del "fare testamento"  -biologico- considerando la morte un'opzione sia per il malato che per chi teme di ammalarsi. 

Chiunque abbia sperimentato questa malattia si riconosce nei quattro atti che ne rappresentano l’inesorabile decorso. Atto primo: si riducono le stranezze del proprio caro a casi episodici. Atto secondo: si cercano diagnosi, cure, soluzioni. Atto Terzo: la vita di chi accudisce è frantumata. Atto quarto: la morte senza consolazione.

Non c'è alcun lieto fine. Ed è così che va per tutti. 


Io sono Alz  - Scritto e diretto da Debora Valentini (spettacolo della Rassegna di Teatro Sociale Nicola Signorello)

Alz: Eugenio Montenz

La madre: Barbara Olivieri

La figlia: Giorgia Verri

La nipote: Sharon Levizzari

La studentessa: Gloria Randisi

Il medico amico: Pietro Leonardi


Articolo di Marta Tersigni

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