Maternità e carriera




"La eurodiputada italiana Licia Ronzulli recibió los aplausos de sus compañeros en el Parlamento Europeo (PE) al acudir a votar con su bebé recién nacido en brazos, un gesto que quiso convertir en un "símbolo" de las dificultades que afrontan las mujeres para conciliar su vida laboral con la familiar".   www.repubblica.com 
Al mio nono mese di gravidanza ero a casa in astensione obbligatoria eppure tutti i giorni controllavo la posta di lavoro, rispondevo alle telefonate di lavoro. Lavoravo.
Al mio secondo mese di astensione obbligatoria post parto scrivevo il Bilancio Sociale della mia azienda. Le riunioni si facevano a casa mia. Lavoravo.

Se penso alla mia storia tutti i guai sul posto di lavoro sono iniziati proprio con la maternità. E i guai non me li ha posti la dirigenza maschile, ma quella femminile.
Non avevo messo in conto che avrei trovato proprio nelle mie colleghe i principali nemici, proprio loro che avevano dei figli e che sapevano quanto difficile fosse conciliare la famiglia con il lavoro. Ma anche, e poverette loro, quelle che non avendo figli non tolleravano nei fatti alcun tipo di interferenza.
Mi sarei aspettata solidarietà, invece ogni occasione era buona per dare addosso.
Addirittura sono stati manomessi alcuni dati utili alla mia progressione di carriera: la non presenza in ufficio per maternità (tutelata dalla legge) è stata equiparata ad "assenza". Il mio avvocato non mi credeva e quando ha visto la documentazione mi ha detto che ne aveva viste tante di scorrettezze ma che questa le superava tutte.
Queste si chiamano discriminazioni, ma siamo noi donne, per prime, a non avere il coraggio di scoperchiare la pentola.
Così come si fanno i corsi preparto, sarebbe molto utile fare dei corsi sui diritti delle donne al rientro della maternità, ma anche dei coaching per sostenerle psicologicamente di fronte a battutine tipo "sei fortunata, hai ritrovato la scrivania".
La casistica poi segue con quanto accaduto alle mie amiche:
- una si è ritrovata la sua assistente come capa;
- una è stata licenziata al termine di un anno di prova (all'ultimo colloquio si era lasciata sfuggire la notizia della gravidanza. Dopo una causa in tribunale ha ottenuto un risarcimento ma non il posto);
- una è stata licenziata in tronco (ha vinto la causa, ha chiesto il reintegro ma la sua posizione non è più in organigramma);
- una è stata pesantemente demansionata.
Tutto contro la legge, badate, ma tutto è accaduto. Questa è la realtà.
Mi chiedo cosa abbiano fatto le colleghe che hanno assistito a questi fatti. Hanno guardato. Punto. Questa è la seconda verità.
Lo so, lo so che no è dappertutto così.
Ma molto spesso è così (per m lo è stato) e noi donne dobbiamo essere preparate ad una guerra durissima.
E non servono a niente letture quali "Il metodo antistronzi" di Robrt Sutton. La battaglia è sottilissima.

Ho conosciuto una coach che mi ha spiegato che l'unica possibilità per le mamme che intendono continuare a fare carriera è di chiedere un cambiamento di area.
Quando le dimensioni dell'azienda lo consentono, questo sarebbe l'unico modo per non trascinarsi pregiudizi e soprattutto per non cadere nella spirale distruttiva del "lavoro il quintuplo per dimostrare che nulla è cambiato; lavoro il quintuplo per aver comunque riconosciuta la metà del mio impegno". E sarebbe l'unico modo per continuare a crescere.

Commenti

  1. Questo è uno dei tanti motivi per cui in Italia la parità dei sessi è ancora lontana dal venire!

    RispondiElimina
  2. Dimenticavo di dirti: ma la vuoi mettere tu la marmellata sul blog? se vuoi faccio un post e rimando al tuo blog, ti mando le foto!

    RispondiElimina

Posta un commento