Gucci vale di più


Milena Gabanellli - Report, puntata del 21 dicembre 2014-

Mi occupo da alcuni anni di responsabilità sociale di impresa, CSR per dirla in inglese, e scrivo decine di proposte e poi finalmente qualche progetto diventa realtà per sostenere le aziende a sviluppare o a rafforzare le proprie attività di responsabilità sociale.
Poi ci sono le indagini che dimostrano inequivocabilmente che l'impresa responsabile vale di più in borsa, che vende di più, che i consumatori la scelgono volentieri rispetto a quella ritenuta o valutata "irresponsabile".

Allora facciamoci sopra comunicazione: se ti impegni ma non lo fai sapere allora perdi quote di mercato perché, e l'ho appena spiegato, se sei responsabile vendi di più.

Addirittura perché non premiare fiscalmente le imprese responsabili? E già ne bandi pubblici iniziano a spuntare lievi meccanismi di premialità per chi dimostra di essere responsabile.
Ecco la parola magica: dimostrare.

Si dimostra attraverso le certificazioni, un ammasso di carte che - e lo sanno tutti gli addetti ai lavori- dimostrano che la procedura è stata svolta correttamente. Ma la certificazione non va a vedere cosa c'è dietro alle carte...questo, semmai, spetterebbe ad altri. Chi?

Ed eccoci a Gucci e al famoso servizio di Sabrina Giannini che Report gli ha dedicato, a mo' di regalo di Natale, il 21 dicembre. Eccolo qui 

Negli ultimi tempi avevo sviluppato un'idea: che la nuova frontiera di una reale responsabilità sociale d'impresa sarebbe stato il controllo della filiera, e cioè soprattutto delle condizioni di lavoro e di retribuzione dei fornitori e dei lavoratori "in appalto". Ero già pronta con i nuovi progetti per i miei clienti.

Ma l'indagine di Report dimostra (e senza scartoffie, con i fatti) che non è così.
Se esiste un consumatore, di qualsiasi estrazione sociale ed economica,  disposto a pagare 830,00 euro (ottocentotrenta!!) per una borsa, a questo consumatore non interessa nulla -e facciamocene una ragione- delle condizioni in cui questa borsa è stata realizzata.
E basta questa considerazione a sminuire qualsiasi intervento di CSR e a rendere inutile l'impegno di Gucci nel settore.

Non credo che adesso che tutti sanno le condizioni di lavoro degli artigiani di Gucci (la situazione dei lavoratori della filiera del made in Italy in Campania tra l'altro era stata già denunciata da Roberto Saviano nel primo mirabile capito di Gomorra) le grandi star smetteranno di indossare Gucci; non credo che le super top model rinunceranno alla nuova campagna di Gucci; non credo proprio che la stampa negherà le inserzioni pubblicitarie alla grande maison. Non patirà alcun tipo di boicottaggio.
Non gliene frega un cazzo a nessuno.

Ma per salvare il salvabile dovrebbero arrabbiarsi le aziende che invece la CSR la fanno sul serio e non mancano gli esempi (cito solo la Loccioni), o quelle che la CSR non la fanno perché la rispettano (e ce ne sono tante di multinazionali che non aprono questo fronte perché dicono che "se la fai, va fatta bene e devi lasciare il segno").

Ma per ora Gucci vale di più dello sfruttamento, della riduzione in miseria di imprenditori e lavoratori.
Lo stesso consumatore che nelle indagini dichiara di preferire i prodotti realizzati da aziende responsabili è lo stesso che non rinuncia a Gucci.
Gucci vale di più.
Amen.




Commenti

Posta un commento