Scoppiare a ridere nel mezzo di una riunione con un prospect
non è il massimo.
Inventarsi una scusa per giustificare una tale mancanza di
professionalità vi assicuro che è peggio di un'arrampicata su uno specchio
bagnato.
Ma, non so perché, il cliente mi ha retto il gioco. Anche
lui dichiara di aver visto accadere qualcosa di buffo alla finestra di fronte.
Rimango davvero basita nel vedere quanto poco ci si informi
prima di iniziare una riunione con società che non si conoscono. Messo anche
che un'occhiatina al sito aziendale gliela do, possibile che non vado a
verificare le opinioni espresse a favore o contro? Davvero mi limito a prendere
atto di quello che trovo scritto sul sito di un'azienda?
Sono stupita.
La verifica di una fonte è ben altro.
Non posso trattenermi dal ridere quando sento "quanto
siete bravi", "complimenti per", "la vostra guida è
preziosa" quando sotto il tavolo ho una rassegna stampa alta un metro che
mi dice che le cose non stanno proprio così. O peggio quando conosco quella realtà da dentro.
La reputazione a volte è basata sulla fuffa.
E ieri ho avuto la dimostrazione di quanto noi comunicatori (i primi a saltare per la qualunque) siamo bravi a trasformare il negativo in positivo, una minaccia in un'opportunità.
Alla fine la reputazione può basarsi su indizi, tracce, sentimenti non necessariamente ancorati a fatti solidi e tangibili.
E quando in ballo ci sono contratti da svariati zeri, davvero mi domando: possibile non approfondire?
Eppure la fuffa è fuffa.
E noi l'abbiamo costruita bene.
Ci pagano, anche, per questo.
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